La assistenza - Venezia e dintorni

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L'ASSISTENZA PUBBLICA NELLA SERENISSIMA

Tra le prime e più antiche forme caritative sorte a Venezia nel periodo del suo splendore va certamente annoverata l'istituzione degli "Ospizi".
Le ricchezze della Repubblica poterono trasformarsi anche in strumenti per lo sviluppo di attività sociali ed assistenziali. In genere un ospizio sorgeva a seguito di lasciti di famiglie facoltose o per interessamento delle autorità religiose, tuttavia l'estinzione delle famiglie dei benefattori potevano comprometterne l'esistenza, stravolgendo la volontà originaria. Il Governo della Serenissima poneva in questo grande attenzione: pur lasciando al privato o all'istituzione religiosa il compito di organizzare e gestire l'ospizio era pronto ad intervenire quando l'opera assistenziale veniva a trovarsi in difficoltà.

Chiesa dell'Ospedaledei derelitti

La storia di Venezia, così come il suo sviluppo si è realizzato in un arco di tempo notevole: di pari passo si è sviluppata l'opera assistenziale che soltanto nel 1561 venne ufficialmente formalizzata con la istituzione della MAGISTRATURA SUGLI OSPITALI E LUOGHI PII.
Con il termine "Ospizio", venivano indicati i luoghi deputati soprattutto all'ospitalità mentre con il termine "Ospitale" venivano indicati i luoghi adibiti a cure ma che comunque svolgevano anche funzioni ospitative.
Per meglio intendere questa divisione ed il proliferare di tali istituzioni va ricordato che esse svolgevano una funzione assistenziale differenziata per numerose e diverse categorie di bisognosi: Pellegrini, malati, poveri, donne, vecchie, vedove, vedove con figli, vedove nobili, gentildonne, nubili, ragazze, pizzocchere, ex-prostitute, confratelli (di scuole d'arte), vecchi, ex-marinai, orfani, monaci, catecumeni, famiglie, ecc.
Nel primo periodo storico della Serenissima, cioè fino al 1297, esistevano 16 istituzioni assistenziali delle quali quattro dovute a volontà ecclesiastica, sei per iniziativa di privati, una per iniziativa pubblica ed altre quattro per iniziativa di scuole o confraternite. In questo primo periodo il potere politico non aveva assunto alcun vincolo istituzionale nei riguardi delle opere assistenziali che venivano gestite direttamente dai promotori.
Di questi 16 ospizi, 15 erano situati in zone periferiche per il pericolo che potevano costituire i malati, i pellegrini e anche perché i vagabondi erano mal tollerati; uno invece era situato presso la Piazza S. Marco e serviva ad ospitare persone sane.
E' curioso notare che di questi Ospizi ne esistono ancora due adibiti all'uso originario: l'Ospedale S.Maria dei Derelitti (ora casa di riposo S.Giovanni e Paolo) e la Cà di Dio (che proprio in questi giorni sembra destinata a divenire un albergo).
Nel secondo periodo storico ( 1297 - 1571), lo sviluppo della repubblica comportò notevoli mutamenti ed innovazioni urbanistiche: in questo periodo sorgono gli Ospedali Maggiori (Incurabili, Derelitti, e Pietà) e in generale tutti i grandi ospedali. E' il periodo nel quale il concetto di carità basato sull'iniziativa individuale, viene sostituito da una coscienza sociale che per cui lo Stato assume la gestione dell'assistenza.
Il problema della povertà comincia a trovare delle risposte politiche, da un lato la Repubblica pensa ad arginare ed impedire l'afflusso di poveri e vagabondi e dall'altro cerca di venire incontro alle necessità della popolazione residente, soprattutto di quei poveri "vergognosi" (cioè di quei residenti che celavano la loro povertà in quanto se ne vergognavano) che non era facile individuare.
Nel 1528 viene emanata una ordinanza, con la quale si cerca di regolamentare le attività assistenziali e l'afflusso di quelli che oggi verrebbero chiamati "clandestini". Infatti il benessere in cui si trovava la città serviva da richiamo a numerosi forestieri e poveri della terraferma che in qualche modo cercavano di emigrare a Venezia. L'ordinanza proibiva l'accattonaggio ma nello stesso tempo provvedeva a dare un riparo e del cibo a quanti fossero giunti a Venezia  privi di qualunque mezzo di sostentamento purchè si fossero presentati alle autorità sanitarie.
In altre parole coloro che venivano trovati a mendicare o sorpresi di notte senza dimora rischiavano il carcere, la fustigazione e quindi l'espulsione dalla città. Coloro che si fossero rivolti agli ospozi avrebbero trovato ospitalità per un periodo di tempo trascorso il quale sarebbero stati invitati a lasciare la città. Allo scopo viene istituita una tassa provvisoria da versarsi ai Provveditori alla Sanità , con la quale far fronte alle spese disponendo che vengano distribuite ai parroci le somme che i provveditori alla sanità non avevano utilizzato, dato che i parroci potevano meglio conoscere le necessità della popolazione. L'ordinanza tuttavia non proibisce a privati e religiosi di raccogliere offerte per i poveri residenti. Pene severissime erano invece previste per coloro che trasportavano i clandestini compresa la distruzione delle imbarcazioni.
Con l'assunzione dell'impegno statale nelle opere di assistenza, la Repubblica realizza due obiettivi: evitare l'eccessiva influenza della Chiesa che poteva minare la sopravvivenza dello stato laico e contemporaneamente evitare che il malessere causato dalla diffusione della povertà, sopratutto introdotta attraverso l'incontrollato afflusso di poveri da altri paesi, potesse causare dei pericoli allo stato.
Comunque sia, la Repubblica con tali atti assunse un ruolo ben preciso nella gestione degli Ospitali e dell'assistenza pubblica in genere, ponendo sotto il controllo Dogale anche gli Ospedali Maggior, primo fra tutti La Pietà, poi l'Ospedale degli Incurabili, ecc.In questo periodo storico gli Ospedali divennero ben 68; è da notare che nella maggior parte dei casi gli Ospedali, oltre che luogo di cura, erano anche luoghi di accoglienza gestiti con estrema liberalità e con metodi educativi non segregatori: si dice che le orfane, ospitate negli Ospedali Maggiori godessero di cure tali da essere invidiate dalle ragazze allevate in famiglia.
E' comunque evidente che la Repubblica poneva estrema attenzione all'assistenza, sia nei riguardi degli ammalati sia verso i bisognosi poiché ciò consentiva una maggior tranquillità sociale allo Stato e nello stesso tempo rappresentava una difesa dal diffondersi di epidemie; è anche importante rilevare come questi luoghi di ricovero o di cura fossero gestiti con liberalità di mezzi tanto che spesso i ricoverati si trovavano a vivere meglio che a casa loro.
Questa liberalità di trattamento non deve stupire dato che la Serenissima aveva sempre preteso dai propri funzionar! una completa dedizione alle necessità della popolazione.
Una dimostrazione della tempra e della mentalità cui si ispirava la maggioranza del ceto dirigente veneziano la ritroviamo in un dispaccio inviato da Girolamo Priuli Capitano e Provveditore di Salò e della riviera Bresciana nel 1630 durante l'infierire della peste descritta dal Manzoni (mentre a Milano si rincorrevano gli untori):
"Finalmente non hanno potuto le diligenze humane ripararmi dalla influenza de correnti pestiferi mali: mi attrovo a letto con la febbre et doglia di testa acutissima, ferito da un carbone nella coscia destra. Così, dopo aver io con tutto lo spirito, riparato questa riviera et questa terra dalla inondatione di tanto flagello, fino con le vigilie et anco di tutte le ore di notte mi è stato possibile, et doppo haver nell'ardor della sopravenuta contaggione procurato il sollievo per tutte le vie dei poveri sudditi, mi trovo circondato dagli orrori della morte. Se nel fìor de i miei anni piacerà al signor Dio chiamarmi a se et terminar in me come solo supertite della mia casa, fa devotione dei miei maggiori, mi consolo almeno di sigillar la vita nell'attual sincerato servizio di quella Serenissima patria, per cui il sollievo e prosperità anco agli acenti dell'anima porgeranno doppo morte voti a Signor Dio, come lo fanno quelli che questi caratteri scrìtti più con la penna del cuore, che con quella della mano. Per questo popolo la mission dei medicamenti, di alcun cerotico, et de tornar lè necessaria: ne rimetto la risoluzione alla somma pietà della Serenità Vostra e delle eccellenze vostre, a cadauna delle quali in questo lacrimevole stato mi humilio".


I LAZZARETI

Un capitolo a parte merita l'istituto dei Lazzareti.
E' un termine che nell'uso comune ha assunto il significato di luogo di abbandono e miseria: non così fu per Venezia che li aveva istituiti per salvaguardarsi dal contagio di malattie infettive (peste) ma badando anche al benessere ed alle cure per chi vi doveva soggiornare.
Dopo l'istituzione nel 1458 di un primo Lazzareto (Lazzareto Vecchio nell'isola di S.Maria Stella Coeli), la Repubblica, essendo divenuto insufficiente il primo, istituì presso S.Erasmo, nell'isola della della Vigna Murata, il cosidetto lazzareto nuovo che serviva per la quarantena degli equipaggi e relative merci di navi che provenivano

Lazzaretto Nuovo

da zone considerate pericolose ed anche per gli abitanti di Venezia, in dubbio di essere portatori di qualche malattia coraggiosa.
I sospetti venivano condotti al Lazzareto dove dovevano permanere per almeno 22 giorni: se in tale periodo si fosse manifestata la malattia venivano tradotti al Lazzareto Vecchio, altrimenti potevano tornarsene a casa.
Il Lazzareto nuovo poteva accogliere oltre tremila persone alle quali dovevano aggiungersi il personale di servizio, i medici, i militari di vigilanza, sacerdoti. farmacisti, chirurghi.
L'isola era attrezzata con immensi magazzini pieni di viveri e medicinali che venivano distribuiti con "mirabile" ordine.All'alba giungevano le barche con altri viveri ed acqua ed il tutto veniva distribuito in razioni di 14 soldi a testa; successivamente sull'isola calava il silenzio e veniva celebrata la messa.
Gli stranieri si stupivano e restavano commossi dall'ordine e dalla pulizia mentre i parenti potevano far visita ai congiunti e portare cibi o bevande purché rimanessero a debita distanza.
Ogni nuovo arrivo veniva accolto con gioia mentre coloro che venivano dimessi perché guariti o per essere trasferiti ad altri ospedali inneggiavano alla Repubblica ed inviavano benedizioni per la "felicità provata in quel luogo" e per aver essa provveduto al benessere dei cittadini.
La gestione del Lazzareto era affidata al Magistrato alla Sanità, il quale nominava il personale ed autorizzava a svolgere il commercio nell'isola; i barcaioli, autorizzati al trasporto delle merci nell'isola, dovevano alzare una bandiera con la scritta "sanità".
I ricoverati poveri venivano mantenuti a spese della Repubblica che versava al Magistrato alla Sanità le quote dovute da ciscun ricoverato.


 
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